Il tema dell’armonizzazione dei tempi di lavoro con quelli della famiglia rappresenta un aspetto importante per lo sviluppo economico e sociale del nostro territorio. Esso vede coinvolto il sistema pubblico, i lavoratori ed il mondo delle imprese, nel promuovere quel legame inscindibile che esiste tra innovazione, produttività del capitale e produttività del lavoro.
Come ACLI di Treviso, Associazione Famiglie 2000 e Pastorale Sociale e del Lavoro di Treviso riteniamo urgente definire un nuovo patto sociale che renda meno contrastante vita familiare e vita lavorativa e che favorisca il benessere delle famiglie e la natalità, con effetti sui tempi del lavoro, sui redditi delle persone e quindi sulla crescita della nostra economia.
Come possiamo promuovere un’azione di questo tipo? Quali sono le “leve” che devono essere attivate per favorire l’armonizzazione dei tempi del lavoro con quelli della famiglia?
Sappiamo che gli orari di lavoro rappresentano, con buona approssimazione, il livello di competitività e di organizzazione della società. Dove abbiamo una specializzazione ad alto contenuto tecnologico, in ragione dell’alto valore aggiunto prodotto, si può lavorare meno e produrre più valore aggiunto.
L’orario di lavoro pertanto è il riflesso di un sistema ad alta produttività, non ne è l’origine. Il punto centrale pertanto, diviene il rilancio degli investimenti sia a livello pubblico che privato al fine di innescare il processo competitivo del paese con delle ricadute importanti sul reddito delle famiglie e quindi sullo sviluppo dell’economia del nostro territorio.
All’aumentare della produttività, necessariamente dovrà aumentare anche il reddito dei lavoratori, ed all’aumentare del reddito dei lavoratori, secondo la legge di Hengel (statistico tedesco che effettuò uno studio sull’evoluzione dei consumi al variare del reddito delle persone), non si consumerà un quantitativo di beni maggiore, ma si cambierà la tipologia di beni di consumo, con benefici per l’intero sistema economico che vedrà nascere nuove e più innovative imprese.
Imprese con un’elevata produttività del lavoro avrebbero così l’opportunità di favorire una migliore gestione dei tempi del lavoro con i bisogni del lavoratore di accudire la propria famiglia, con ricadute positive nei confronti della demografia, della salute, oltre che della partecipazione alla vita sociale dei cittadini.
È evidente che innescare un processo di cambiamento di tale portata non è cosa semplice, né di immediata attuazione. Esso dovrebbe partire dalla necessità di rivedere gli stretti vincoli di bilancio imposti dall’Unione Europea nei confronti degli stati, sapendo che questo potrebbe indurre alcuni paesi ad effettuare politiche attraverso le quali avvantaggiarsi a discapito di altri (c.d. politiche di dumping).
Diversamente, la cosa corretta dovrebbe essere quella di avere un’Unione che si comporta come un vero “decisore pubblico” il quale, utilizzando la leva del debito comunitario per sostenere le politiche di investimento, promuove una spesa pubblica destinata al recupero di competitività dei paesi europei attraverso il miglioramento della produttività del lavoro di pari passo con le politiche di armonizzazione. Su tali temi in Europa si è aperto nelle ultime settimane un importante dibattito, alla luce del grave calo di competitività che l’Unione sta registrando rispetto a Stati Uniti e Cina, ma questa prospettiva vede purtroppo forti rigidità da parte di tutti quei paesi che negli anni successivi all’introduzione della moneta unica hanno cercato, attraverso la promozione di ingiustificabili politiche di austerità, di avvantaggiarsi nei confronti dei paesi più esposti finanziariamente, tra i quali il nostro.
Alla luce di queste considerazioni, le parole “impresa”, “investimenti”, “produttività”, “lavoro”, “famiglia”, divengono le chiavi per il rilancio della nostra economia, ma dobbiamo essere coscienti che nessuna di esse sarà in grado di legarsi l’una all’altra in modo proficuo se non si affianca ad esse un’altra parola chiave, quella di “Settore Pubblico”. Quest’ultimo non potrà che essere rimesso al centro del processo di sviluppo, necessitando come Sistema Paese di una nuova visione strategica e di insieme che ci consenta di guardare oltre le difficoltà di questi tempi.
A noi laici spetterà l’importante compito di essere promotori di un nuovo patto sociale che riporti al centro del progetto la parola Lavoro.